Come nasce la leggenda del Rosignuolo del Montalbano

Come nasce la leggenda del Rosignuolo del Montalbano

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di Nicola Baronti e Raffaello Santini

Ugo Vezzosi, poeta di Vinci, amava spesso cantare del “Rosignuolo di Lamporecchio”, ovvero del poeta Idalberto Targioni (1868-1930), nel bene e nella mala sorte.
Da orfano dello Spedale degl’Innocenti di Firenze, adottato da contadini di San Baronto, autodidatta, il Targioni era diventato un grande poeta del suo tempo e un fervente socialista, animando le piazze con una brillante poesia, raggiungendo addirittura la carica di sindaco di Lamporecchio, per finire poi nell’inganno fascista, lasciando amici e compaesani di stucco dinanzi alla nuova camicia nera indossata. 

Quando cantava di questo personaggio, a Ugo piaceva accompagnare la poesia con il racconto per cui era soprannominato il Rosignuolo. 

Piero Vezzosi, figlio di Ugo, ci ha ricordato l’aneddoto, a veglia, qualche anno fa. 
Si narra che durante una festa paesana a Lamporecchio si presentarono sul palchetto due poeti a braccio e chiesero in tono di sfida se c’era qualcuno nel pubblico che volesse improvvisare con loro.
«Vengo io!», urlò tra il pubblico un fanciullo alzando la mano. Il suo nome era Idalberto Targioni. I due poeti si guardarono in viso sbalorditi ritenendo questo ragazzino incapace di sostenere una sfida.
Uno di loro così rispose:

Cosa vuoi fare tu povero figliolo
Noialtri siamo due e tu sei solo!

Il Targioni, con piglio sbarazzino, rispose loro con questa ottava:

Ed io faccio come quell’usignolo
che s’alza la mattina dell’estate
poi monta su una frasca di querciolo
e fa dodici o tredici cantate
poi si gira da parte e alza il volo
in cerca delle piagge più attoppate
e se le rime sue son così ridotte
se non basta il giorno canta di notte.

Alla risposta, uno dei poeti che aveva lanciato la sfida si rivolse all’altro con queste parole: «Oh mi’ omo, andiamo via, questa non è roba per noi!».
Da quel giorno, il piccolo Targioni venne soprannominato l’Usignolo del Montalbano.
La vita e la “civetta” fascista gli riserveranno però altre sorprese, così come cantava Ugo Vezzosi nella sua poesia.


(Bibliografia:  Archivio dei Poeti di Vinci, 2012, pag. 12 e sgg)