Giuseppe Torchia, primo cittadino, ci parla di come ha vissuto l’anno appena passato e cosa si aspetta da quello nuovo.
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L’anno che è appena passato è stato senz’altro un annus horribilis. Come l’ha vissuto, da sindaco?
Al 31 dicembre del 2019 non potevo immaginare cosa mi avrebbe riservato il nuovo anno. Da sindaco ho impiegato buona parte del tempo a gestire l’emergenza, a volte a rincorrerla, perché gli accadimenti travalicavano l’immaginazione. Penso in particolare alla gestione del primo lockdown quando, in pochi giorni, abbiamo dovuto far comprendere ai cittadini che l’unico modo per salvaguardare la propria salute e quella degli altri, rispetto al rischio del contagio, fosse quella di restare in casa. Questa scelta si portava dietro la necessità di organizzare un sistema di servizi a supporto dei soggetti più fragili o non autosufficienti. Inoltre, quella era una fase in cui eravamo completamente impreparati, non disponevamo neanche delle mascherine. Quindi cercammo di reperirle sul mercato per distribuirle ai cittadini. A tutto questo seguì la gestione dei sostegni alimentari, attraverso i buoni spesa, alle famiglie bisognose. Quest’ultimi forse ci aiutano a capire l’eccezionalità del periodo che stiamo vivendo. I buoni spesa sono carta moneta, emessa dal Comune di Vinci, con la firma del Sindaco, spendibile nei supermercati, nei negozi di generi alimentari e nelle farmacie per l’acquisto di beni di prima necessità. Forse solo in tempo di guerra si verificò qualcosa di simile con le tessere annonarie. Sono stati 12 mesi difficili!
E svestiti i panni da primo cittadino, come l’ha vissuto invece da privato cittadino?
Non esiste una distinzione netta tra incarico istituzionale e vita personale. Il sindaco si fa 24 ore al giorno senza interruzioni. Anche quando vado la mattina a prendere un caffè al bar, o il fine settimana a fare la spesa, sono il sindaco e non un privato cittadino. Pertanto, in questo anno il cambiamento più importante, dal punto di vista personale, è stato sicuramente quello legato ai rapporti sociali e istituzionali che le norme su distanziamento hanno trasformato. Gli incontri virtuali, mediati da un video, sono alienanti e non potranno mai sostituire le sensazioni o anche le emozioni di un incontro o di una riunione tradizionale. In questo anno ho sofferto molto la solitudine, pur incontrando virtualmente tantissime persone.
Insieme a “pandemia”, abbiamo imparato a usare la parola “infodemia”, che indica una circolazione eccessiva di informazioni, per la maggior parte non accurate, né verificate. Che idea si è fatto?
Viviamo nell’epoca dei social media, dell’informazione globale, in cui oltre ad accedere a qualsiasi informazione, ognuno può comunicare facilmente a una platea di lettori potenzialmente molto vasta. Tutto questo purtroppo non corrisponde a un incremento della qualità delle notizie. È facile che si verifichi il contrario. Inoltre, la cattiva informazione, per la capacità di amplificazione del social network, rischia di influenzare le opinioni di moltissimi cittadini. Il populismo, il movimento dei no vax, che sono fenomeni molto diffusi nella nostra società, sono strettamente connessi alla cattiva informazione. Inoltre, la comunicazione attraverso i social media è sempre superficiale, non approfondisce mai le ragioni che stanno alla base di un fatto o accadimento. Per esempio, viviamo il paradosso che le verità scientifiche vengano messe in discussione da apprendisti stregoni che raccontano, con molto seguito, che esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Mi riferisco in particolare al movimento dei no vax che ha già iniziato la sua campagna di disinformazione sul vaccino anticovid. Esiste un solo antidoto ed è quello di non accontentarsi mai di ciò che appare ma cercare sempre di comprendere le ragioni di ciò che accade.
Come ha vissuto la ridondanza di informazioni, molte volte date anche da fonti autorevoli e contrastanti?
Si tratta di uno dei mali del nostro sistema informativo. La ridondanza delle notizie rischia di appiattire la qualità delle notizie e di banalizzarle. In questi mesi di emergenza sanitaria, questo problema ci ha costretti a un surplus di lavoro per arginare e correggere le informazioni sbagliate.
Che 2021 dobbiamo aspettarci?
Mi auguro che nei prossimi mesi si riesca ad arginare, attraverso la campagna vaccinale, la diffusione del contagio. Questo significa che entro la seconda metà dell’anno potremo ritornare a una situazione di normalità. Altresì, bisogna essere coscienti che quando la pandemia esaurirà la sua onda d’urto lascerà dietro di sé una società più incerta e impaurita, ma soprattutto una società con una profonda crisi economica e occupazionale, che non tutti pagheranno allo stesso modo. Ovvero, lo spettro delle disuguaglianze e del disagio si amplierà e richiederà una risposta strategica di lungo termine. Il compito delle istituzioni è quello di sterilizzare tale rischio attraverso la capacità di far riscoprire ai cittadini il principio della speranza. Tale possibilità si declina oggi nell’opportunità che l’Unione europea ci mette a disposizione attraverso il programma Next Generation Eu (Recovery Fund). Questa è la grande occasione che abbiamo davanti che ci permetterà di risaldare la società attraverso interventi concreti e tempestivi.
Che 2021 si aspetta il sindaco di Vinci?
Mi aspetto che il sistema economico della Città, piegato dagli effetti della pandemia, sappia reagire e intercettare le opportunità che ci saranno. Mi riferisco in particolare al tessuto commerciale del capoluogo, che è quello che ha maggiormente sofferto gli effetti della crisi a causa dell’azzeramento delle presenze turistiche. Mi auguro che sappia sganciarsi dalle logiche della rendita di posizione e iniziare a calibrare l’offerta commerciale su un livello di qualità diversa. Per realizzare questo saranno necessari investimenti, non chiacchiere sui social. Anche perché dobbiamo tutti essere coscienti che, quando usciremo dalla crisi, il mondo sarà diverso rispetto a quello che conoscevamo. Per tali ragioni occorrerà ripensare il sistema della mobilità. Servirà garantire sicurezza per far tornare i turisti. Non dimentichiamo che l’Italia è stata l’epicentro della pandemia europea. L’amministrazione farà sicuramente la sua parte, continuando a investire risorse pubbliche per rendere sempre più attrattiva la Città di Vinci. Ma tutto questo non sarà sufficiente se non sarà affiancato da investimenti di tipo privato e capacità imprenditoriali. In questi mesi di clausura non abbiamo smarrito la capacità di programmazione, pertanto abbiamo diverse opere pubbliche in fase di partenza. Tra i cantieri più importanti che avvieremo nei prossimi mesi c’è: secondo lotto della pista ciclopedonale di via Leonardo da Vinci, che sarà prolungata fino all’intersezione con via delle Rose; il nuovo allestimento della Palazzina Uzielli, che ci permetterà di rendere più attrattivo il nostro polo museale; nonché la riqualificazione di due importati luoghi della città: il Giardino della Costituzione e la Pinetina della Doccia. Infine, siamo in attesa delle risorse finanziarie per far partire i lavori di realizzazione della nuova scuola materna in via 25 Aprile.
Che augurio si sente di fare ai suoi concittadini?
Il mio augurio, che spero arrivi a tutti cittadini, in particolare a quelli che soffrono maggiormente, nel momento in cui le difficoltà offuscano le prospettive di un futuro, è quello di non arrendersi al presente. Come diceva Aldo Moro, “si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con le sue difficoltà”.