Per il centenario di Franco Zeffirelli ovvero Gianfranco Corsi, figlio illustre di un vinciarese

Per il centenario di Franco Zeffirelli ovvero Gianfranco Corsi, figlio illustre di un vinciarese

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Il 12 febbraio 2023 è il centenario della nascita di Franco Zeffirelli ovvero Gianfranco Corsi, figlio del vinciarese Ottorino Corsi e della fiorentina Alaide Garosi Cipriani.
Firenze, città natale – dove il Maestro ha voluto che sorgesse la Fondazione a lui intitolata, per esservi conservata la biblioteca privata con la memoria dei grandi spettacoli e progetti realizzati – si prepara a festeggiare l’evento.

Come tanti illustri fiorentini, Zeffirelli però non ha avuto un rapporto sempre idilliaco con la sua città. Soltanto nel 2013 gli è stato consegnato il Fiorino d’Oro, la massima onorificenza, quasi a sorpresa, dall’allora Sindaco, Matteo Renzi. Molti pensavano che in realtà fosse il secondo, avendo assistito, al termine dei funerali di Oriana Fallaci nel 2006, al gesto del grande regista che si china sulla bara della giornalista per lasciarle il “suo” Fiorino d’Oro. In realtà, stando a quanto dallo stesso riferito nel corso di un’intervista al Corriere Fiorentino, quello sarebbe stato acquistato poco prima in una bottega fiorentina, supplendo a una “mancanza” della città.

Com’è stato scritto in questi giorni, almeno in Italia, è ancora difficile comprendere la sua “parabola artistica, senza tenere conto dei pregiudizi” che hanno accompagnato il suo lavoro.
“Franco Zeffirelli è tanto indipendente da rischiare di diventare indisponente” ha scritto, anni or sono, sulle pagine de La Repubblica, il critico Tullio Kezich. Nella non omologazione alle convenzioni sta l’originalità e la forza del suo progetto, che può essere discusso, non apprezzato per i contenuti o le scelte artistiche, restando indiscutibili il talento, la competenza, la passione e l’amore per la propria città, la squadra di calcio della Fiorentina, per la Toscana e per l’Italia.
Alla fine, come per i grandi artisti prevale in lui l’amore per la libertà, senza condizionamenti, che nella vita sociale inevitabilmente può trasformarsi o essere intesa come polemica, magari partendo da posizioni antifasciste e anticomuniste in tempo di guerre ideologiche, di formazione e fede cattolica senza tuttavia cadere nel bigottismo, sempre diretto e sanguigno come i veraci toscani, lasciando inevitabilmente esterrefatto un certo pubblico, che magari non riesce a separare il giudizio sull’artista rispetto a quello sulla persona.

In questo suo carattere forte e ambizioso, forse, c’è una traccia vinciana, quale diretto discendente dei Corsi, antica famiglia di Vinci, seppure nato illegittimo e riconosciuto più tardi.
Nel 2015, nel corso della prima serata del Premio per la Comunicazione Li omini boni desiderano sapere è stato ricordato il contenuto di una sua lettera scritta nel 1949 al “sindaco democratico” di Vinci per un progetto di promozione e valorizzazione della città di Leonardo, ancora conservata negli archivi comunali. Già l’inizio è tutto un programma: «Babbo è già un pezzo che mi prega di occuparmi in qualche modo delle celebrazioni per il centenario di Leonardo. “È un dovere per te – mi dice –, in fin dei conti sei anche tu in un certo modo cittadino di Vinci”. È un ragionamento perfettamente conseguente perché è certo che nelle mie vene scorre un sangue che è da tempo immemorabile sangue vinciarese».
Non sfugga al lettore quella denominazione antica del popolo di Vinci, vinciarese, laddove dalla seconda parte del Novecento è chiamato vinciano.
Nel 2017, infine, gli è stato consegnato quel Premio per la Comunicazione intitolato agli “omini boni” del pensiero leonardesco, tramite la neonata Fondazione.
L’autobiografia di Zeffirelli edita in Italia nel 2006 contiene alcuni interessanti riscontri di aneddoti vinciaresi legati al babbo, Ottorino, ma soprattutto al nonno Olinto, figlio di una contessa Bracci, considerato in famiglia un “matto” per avere dilapidato un patrimonio familiare rincorrendo il successo artistico.
La passione per l’arte è sempre stata presente nella famiglia, anche se oggetto di derisione magari da altre famiglie locali, soprattutto per idee e fede opposte. Non è un caso che il primo progetto per la facciata di un teatro da erigersi a Vinci in onore a Leonardo sia presentato da un antenato Corsi a Gustavo Uzielli e Telemaco Signorini nel corso di una loro gita a Vinci nel 1872, indotti poi allo scherno dagli altri accompagnatori del luogo.
I Corsi peraltro detenevano, a quel tempo, alcune carte della famiglia dei da Vinci, in quanto avevano accolto in casa la vedova di uno zio, Maria Teresa Vinci, figlia di Giuseppe Antonio Vinci, discendente di un fratello di Leonardo, che aveva sposato Michelangiolo Corsi. Per questo motivo, la famiglia stava acquistando anche le ultime proprietà rimaste dei Da Vinci.
Certamente il personaggio Corsi più stravagante – che allo storico e appassionato locale non può restare indifferente – è il nonno Olinto: un grande patito di musica, che fonda a Vinci la Società Musicale ‘Guido Monaco’, molto vicino all’ambiente ecclesiastico, anche se poco ortodosso nei comportamenti, in antagonismo con la storica e comunale Filarmonica Leonardo da Vinci.
Le cronache locali parlano di rivalità, che si traducono anche in confronto politico, scazzottate nel paese, plateali sceneggiate nel corso di vari eventi, non mancando mai l’apporto di qualsiasi genere di Olinto che sperpera il suo patrimonio e quello del figlio.
Come scrive Franco, nelle sue memorie, se il nonno non avesse venduto tutto «sarei stato uno di quei noiosissimi signori di campagna, snob e beceri, che non fanno nulla dalla mattina alla sera, soltanto spendere soldi e fare figli cretini. Non ho mai conosciuto in vita mia un artista che sia nato ricco o che non abbia mai avuto problemi di denaro».

Insomma Vinci, nel bene e nel male, fa parte del patrimonio genetico di Franco Zeffirelli. Forse anche qualcosa di più, stando ai ricordi di vecchi vinciaresi, raccolti qualche anno or sono, che descrivono le sue visite a Vinci per incontrare i parenti o la pietà mostrata per le tombe di famiglia presso il cimitero locale.

Negli ultimi anni Novanta del secolo scorso ho avuto modo di conoscere personalmente Franco Zeffirelli, a Roma, nel corso di una gita di studio al Senato della Repubblica, accompagnando un gruppo di studenti di Fucecchio. Alcuni di loro lo incontrarono per caso; e sentendo l’accento toscano, il Maestro li aveva fermati. All’improvviso fui quasi trascinato per un braccio, come una sorta di trofeo, da alcuni di questi ragazzi, perché Zeffirelli aveva confidato di essere un vicino di casa, in quanto il babbo era di Vinci. «Ma anche il nostro professore è di Vinci!» esclamarono subito. Grazie così alla sfacciataggine di questi ragazzi fucecchiesi, ho il ricordo di un incontro molto piacevole, di una durata modesta seppure più lunga di quella che avrebbe consentito il protocollo, con tante strette di mano finali, qualche battutaccia toscana (sempre sulla Fiorentina!).
Il Maestro ci parlò di Vinci, di Leonardo e di un film che avrebbe voluto girare, il film di tutti i suoi film, dedicato e intitolato “I Fiorentini”. Oggi si sarebbe definita una spoilerata.
Quel film l’ho atteso per anni, invano. Alla fine ho pensato che fosse stata una battuta di convenienza. Poi ho scoperto dai suoi successivi scritti che oltre a essere un ipotetico soggetto cinematografico era per lui soprattutto un gioco, immaginandosi di incontrare i grandi geni del Quattrocento, Leonardo, Michelangelo e pure Piero, come ebbe a chiamare il modello del David, il “ragazzo di Firenze”.

Scrive nella sua autobiografia: «Mi trastullavo, sognando a occhi aperti con l’idea di essere vissuto anch’io in quel tempo: in quegli anni miracolosi, durante i quali erano esplosi e fioriti i semi piantati dal Rinascimento e dall’Umanesimo. Cominciò a diventare un mio giuoco segreto. In sostanza, altro non facevo se non inventarmi dei presunti ricordi di un mondo in cui avrei potuto benissimo essere vissuto».

Forse più che una rivelazione, Zeffirelli ci aveva donato una simpatica e piacevole confessione. E chissà se, alla fine, non abbia veramente incontrato l’altro geniale vinciarese, Leonardo.


1. Ilaria Morelli, “Alla scoperta dei cittadini vinciaresi. Franco Zeffirelli e le Celebrazioni del 1952” in Orizzonti, mensile supplemento Cerreto Guidi e Vinci, novembre 2015; Nicola Baronti, “L’anima vinciarese dei Corsi di Vinci” in Orizzonti, mensile supplemento Cerreto Guidi e Vinci, novembre 2017; Nicola Baronti, “Sulla proposta di ricordare Zeffirelli vinciarese“, in Il Vinciarese, 30 giugno 2019

2. Uzielli G. – Signorini T. “1872. Gita a Vinci” – Edizioni dell’Erba –Comune di Vinci, 1999, pag. 23