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A un mese dalla scomparsa di Elio Vezzosi, Il Vinciarese vuole ricordarlo con l’intervista che ha rilasciato a Tiziana Berni, a cui ha raccontato la sua vita.
Il nome di Elio Vezzosi è stato molto noto nella nostra zona ed è associato quasi sempre allo sport: alcuni lo hanno conosciuto come atleta eccezionale, altri come bravo docente di educazione fisica, altri ancora come dinamico istruttore in palestra.
Prima di salutarci per sempre, siamo andati a trovarlo e ci ha accolto nella sua casa con grande affabilità, condividendo con noi molti suoi ricordi.
Soviglianese doc, classe 1929 – «l’anno del crac finanziario e del gran freddo» – ci ha raccontato tanti episodi della sua vita e della sua carriera, facendoci partecipi di momenti davvero emozionanti.
Gli abbiamo chiesto quando si è innamorato dello sport e il Professore, confessando che da bambino era piuttosto imbranato, è tornato indietro nel tempo: «Nel 1943 mio fratello minore morì a soli tredici anni e io, terminato l’Avviamento, dovetti lasciare gli studi per aiutare i miei genitori, che avevano una bottega di generi alimentari. Dopo un periodo parecchio difficile ripresi a studiare e, superato un esame integrativo, iniziai a frequentare l’Istituto Tecnico Agrario di Firenze, dove soggiornavo con un amico in Borgo degli Albizi, in una famiglia. Grazie a un docente molto valido e particolarmente attento a noi ragazzi, cominciai a prendere passione allo sport; fu proprio questo insegnante che mi convinse a cimentarmi nel lancio del giavellotto, che a me sembrava quasi naturale, abituato com’ero a lanciare le canne nell’Arno dalle rive di Sovigliana».
Ebbe inizio così la storia sportiva di Elio, che riuscì in breve tempo a fare buone prestazioni e a vincere la sua prima medaglia ai campionati studenteschi.
Purtroppo, a causa di una brutta tendinite al gomito, fu costretto ad abbandonare il giavellotto, ma non si scoraggiò e passò al lancio del martello, disciplina nella quale raggiunse grandi successi.
Dopo avere ottenuto il diploma di perito agrario, si iscrisse all’università, in Agraria, ma in seguito cambiò indirizzo, optando per l’Istituto Superiore di Educazione Fisica, presente all’epoca a Bologna.
Fortunatamente il giovane Vezzosi poté frequentare il corso parallelo “Alfa”, che si teneva a Firenze e, dopo gli anni previsti, conseguì il titolo a pieni voti.
Per allenarsi Elio frequentava la Società Sportiva A.S.S.I. Giglio Rosso di Firenze e durante l’inverno anche la palestra dei Canottieri, cosicché giorno dopo giorno sbocciò un nuovo amore: il canottaggio.
Il nostro atleta affrontò questa sfida con grande entusiasmo, riuscendo a quotarsi a livello nazionale. Ha sempre ricordato, con un po’ di rimpianto, i Campionati Nazionali di Siracusa quando, in gara con un tipografo di Firenze sulla “Due Iole”, la vittoria sfuggì per un soffio in prossimità del traguardo.
Dopo l’esperienza del canottaggio, il soviglianese tornò, per una serie di motivi, a gareggiare nel lancio del martello e con un fisico più maturo e irrobustito dai tanti allenamenti da canoista raggiunse con facilità risultati eccellenti, raccogliendo i frutti di tanto sacrificio.
Fu campione italiano per ben tre volte e nel 1953 partecipò a Campionati Mondiali degli Sport Universitari di Dortmund, conquistando il quarto posto (venti le nazioni in gara).
Dopo essersi distinto in varie discipline, chiunque si sarebbe ritenuto più che soddisfatto, ma non Elio, che volle provare anche l’ebbrezza del pugilato (galeotta fu la palestra di boxe dove talvolta si allenava per il lancio del martello).
«Il primo incontro lo vinsi con un sinistro», ci ha rivelato con molta soddisfazione il peso massimo leggero Vezzosi, che ci ha parlato anche di un mitico incontro di pugilato nel 1955, nel cortile dell’Istituto dei Padri Scolopi di Empoli, adattato per l’occasione a un ring.
Parlando di Elio non si può tralasciare la sua lunga carriera di insegnante di educazione fisica nelle scuole medie e negli istituti superiori del territorio, e ci piace sottolineare la figura di educatore scrupoloso al quale spesso è stato affidato il compito di allenare gli alunni per le gare.
«L’obiettivo principale per i miei ragazzi doveva essere il divertimento, il sano e leale agonismo senza esagerazioni di sorta» – ribadiva il professore. «L’unico rimpianto è quello di non avere trovato un erede nella disciplina del lancio del giavellotto».
Non si può infine dimenticare l’instancabile impegno del professor Vezzosi nella Palestra Olimpia di Empoli (specializzata in ginnastica correttiva), aperta nel 1963 con il professor Arbaro Lazzeri [al quale è intitolato il palazzetto dello sport di Empoli, dove gioca l’Use Basket, ndr].
Insomma possiamo davvero esseri orgogliosi di questo nostro concittadino, un atleta straordinario, elegante, di grande dote e determinazione, che ha esercitato lo sport in molte sue declinazioni in modo quasi naturale, mantenendo intatta la sua genuinità, senza mai farsi vincere dalla superbia.
Riassumere in poche righe la vita e la personalità di questo signore sempre giovanile e pieno di interessi è veramente impossibile, ma vogliamo semplicemente tributargli un ringraziamento per l’esempio che ha saputo darci.