tempo di lettura: 3 minuti
La befana Caterina si stava preparando per portare le calze ai bambini.
Aveva iniziato il suo giro attraverso le vie del cielo per vedere se ce ne fossero di nuove oltre quelle intraprese di solito. Vie vecchie, percorse un’infinità di volte la notte dell’Epifania, ma altre non le aveva mai incontrate.
Era bene conoscerle tutte perché il cielo è infinito e anche volubile. Infatti sul far della sera, tanti nuvoloni cupi iniziavano a salire e dipingevano un mantello grigio come quello che lei portava addosso, quando all’improvviso scorse qualcosa che luccicava. Una stella non era, non c’erano stelle dalla lunga coda o la stella cometa, anche se purtroppo il grigio intenso l’avrebbe nascosta.
Allora cos’era quel luccichio?
Aveva la vista annebbiata, il vapore acqueo aveva appannato i suoi occhiali da vista, ma non si perse d’animo. Dette uno strattone alla scopa e in un attimo scese giù fino a dove proveniva quello sfolgorio. Nel vedere la vetrina di quel negozio il suo cuore fece un balzo. Continuò il viaggio sulla scopa all’altezza giusta per passare in rassegna i diversi negozi presenti nella via. Il suo cuore sobbalzò di nuovo nel petto e iniziò a battere veloce per l’emozione di quello che non si aspettava di vedere. Caterina era arrabbiata, molto arrabbiata.
«Prima volavo sulla scopa veloce più di una saetta, gareggiavo con aerei e deltaplani; adesso si vedono befane dappertutto. Nelle vetrine dei giocattoli, nei supermercati, un’infinità di tutte le misure, colorate, con la parrucca: insomma sono la mia caricatura. A cavallo di una scopa in miniatura come fosse un dondolo per bimbi piccini, sono lì in bella mostra, anche fatte di marzapane dai pasticceri. Calze di tutte le misure, a righe, a pallini, a quadretti come gli scozzesi, si possono riempire a volontà di caramelle e torroncini. Le imitazioni sono uno scherzo che non mi va! Non ne posso davvero più!», gridò Caterina alle nuvole che non si smuovevano neppure di un millimetro.
Gettò via il suo borsone, o meglio sacco di iuta – che per magia varia di grandezza a seconda della quantità dei dolciumi da consegnare ai bimbi buoni o bricconcelli.
All’improvviso, la notte dell’Epifania, un gran tonfo si sentì in prossimità del palazzone, dove Gufo di solito si appollaia per riposarsi dal lungo giro di ricognizione. Per fortuna si era scansato e con uno strattone si liberò della stretta ringhiera del balcone che teneva prigioniera la sua ala. Nel volo improvviso il sacco si aprì, lasciando per terra tante calze a righe come quelle di Caterina, che non sono più infeltrite perché ne ha comprate un paio nuove.
Adesso non le vuole più consegnare ai bambini e rivolgendosi a Gufo, amico inseparabile, si lamenta che tanto le possono richiedere a sconto on line velocemente. «Sul portale Epifania si possono scegliere, non importa aspettare la Befana. Tutto è virtuale, si immagina, si guardano le foto e si clicca ‘mi piace’. Facebook è divenuto il portavoce, il cervello e il cuore delle persone. Anche i bimbi vedono la Befana attraverso i social e io me ne vado in pensione!»
Lancia una letterina dal balcone del palazzone per salutare quei bambini ormai grandi che l’hanno attesa con trepidazione la notte dell’Epifania. Scrive:
«Mi duole il cuore, lo confesso, dopo tante e tante avventure che non potrò mai dimenticare devo abbandonare questa tradizione. La vecchia befana vi saluta». Allora Gufo allarga le ali, grandi quanto un paracadute, sfavilla i suoi occhioni e la consola.
Adesso non si vedono più solcare il cielo di notte e un po’ di nostalgia pervade i cuori di chi bambino non è ormai più. Sono partiti non si sa bene per dove, ma corre voce che siano stati visti nel bosco sul Montalbano, nascosti in un anfratto vicino al rifugio di uno scoiattolo.
Chissà, provate a cercarli.