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Dall’isola di Cipro sono passati e passano ancora la storia e i destini d’Europa: gli antichi Greci con i loro dei (Afrodite), i ricchi Romani, santi (San Barnaba e San Paolo come ricordano gli Atti degli Apostoli) e cavalieri crociati (Riccardo Cuor di Leone), i mercanti veneziani (il famoso Moro) e spietati avventurieri ottomani.
La storia di Cipro è una storia che diventa incontro e, purtroppo, anche scontro tra culture diverse.
Non è un caso che dal 1974, dopo l’invasione turca, l’isola sia ancora divisa in due (come la capitale Nicosia, trafitta da un muro con filo spinato, sul quale è stato appeso in prossimità di una chiesa cattolica un grande ritratto di Papa Francesco).
Se da un lato dell’isola sventola la bandiera cipriota con la greca e l’europea, dall’altro troviamo quella della Repubblica di Cipro del Nord con la turca. Non mancano bellissimi luoghi (enclavi) sotto il governo inglese, residuo del protettorato britannico durato fino al 1960 e soldati di altre nazioni, sotto le insegne dell’Onu, che vigilano sulla convivenza, non sempre facile, tra ciprioti di lingua greca e turca.
In questo bailamme di popoli e di personaggi non poteva mancare la venuta di Leonardo da Vinci! “Peggio di Garibaldi”, verrebbe da dire! Forse è stato per tale scetticismo che nel 2019 alcuni messaggi che provennero da Cipro ad associazioni locali, in nome di Leonardo e dell’amicizia dei popoli, non furono presi tanto in considerazione. Da buoni vinciani si doveva verificare sul territorio, informati e documentati. La Repubblica cipriota, in verità, ci ha anticipato stampando nel 2019 un francobollo commemorativo della presunta visita di Leonardo da Vinci a Cipro. Le mappe di viaggio ci hanno così condotto a Lefkara, un piccolo borgo montano di vecchie case in pietra (interamente restaurato), pieno di vicoli e negozi di artigianato, con le signore sulle porte delle botteghe intente nell’arte del merletto, pieno di gente allegra, vestita in modo variopinto, che in attesa che aprisse la chiesa ortodossa per celebrare il matrimonio di due giovani del luogo, circolava tutta agghindata per la circostanza. Per noi scettici viaggiatori vinciani è stata una sorpresa. Le vispe ricamatrici del luogo si vantavano che nel 1481, a Lefkara, vi avesse addirittura soggiornato Leonardo da Vinci, che rimasto sorpreso della bellezza dei loro ricami – si dice – acquistasse per il Duomo di Milano una tovaglia (dono che il loro Comune ha rinnovato qualche anno fa consegnandone una identica – per la quale sono necessari tre anni di lavoro – nelle mani dell’allora Arcivescovo e Cardinale, Martini).
Se ciò non bastasse, sembra che Leonardo utilizzasse il particolare disegno a zig zag, tipico del ricamo di Lefkara, per la tovaglia che adorna la tavola dell’affresco dell’Ultima Cena. Per cui quel motivo oggi si chiama “Da Vinci” e “Da Vinci” si chiama il caffè più caratteristico della cittadina cipriota. La conclusione, tuttavia, è stata che da Vinci sicuramente è arrivata la nostra brigata, curiosa, intraprendente e, soprattutto, generosa. Che nei secoli scorsi ci fosse stato invece il parco “vinciarese” di Leonardo è assai difficile, tanto meno che avesse acquistato la tovaglia di pizzo. È certo che i furbi abitanti di Lefkara a quelli di Vinci hanno rifilato, nell’odierna occasione, tanti centri ricamati e merletti accompagnati, però, da un’esatta certificazione sulla manualità e originalità del prodotto. Il loro prezzo non si può definire modesto, nonostante il presunto sconto speciale per i concittadini del mitico Vinciano. L’acquisto è stato festeggiato con tanto di fotografia con la merlettaia, scattata direttamente in strada, una sorta di patto di amicizia.
Permettetemi due note finali, da appassionato di storia e di Vinci.
Cosa c’entra Leonardo con Cipro? Sappiamo dai libri che nel 1489 la Regina Caterina Cornaro, veneziana di nascita e consorte del re di Cipro Giacomo II, cedette la sua Corona alla Repubblica di Venezia. In cambio, la regina ebbe molti privilegi in Italia. Durante un soggiorno italiano si dice che fosse omaggiata da una delegazione di Milano composta da quaranta personaggi illustri, tra cui il Vinciano. Legittimo dubbio è quindi che Leonardo abbia effettivamente conosciuto la Regina di Cipro e che magari, consapevole o meno di farle un omaggio, abbia utilizzato per il suo affresco dell’Ultima Cena una tovaglia ricamata all’uso cipriota. Quel che abbiamo appurato è che del mito di Leonardo, nella ridente cittadina cipriota, è stato fatto un abile uso per promuovere e valorizzare un’importante tradizione locale. Abbiamo visitato un intero borgo ad uso turistico, con moderni parcheggi e pulitissimi bagni pubblici, tanti negozi e locali accoglienti. Il fascino di Leonardo, si sa, travalica ogni confine, compreso quello degli archivi storici. Inevitabile è stato il confronto con i servizi e le odierne connotazioni turistiche di Vinci. Meritano un encomio gli abitanti e le vispe signore di Lefkara per come hanno saputo rivitalizzare il loro paese, grazie anche a una mirata sovvenzione pubblica, come ha fatto notare la guida locale.
A tale proposito, sarcastico è stato il commento finale di alcuni viaggiatori quando hanno confrontato quei ricami ciprioti a quelli delle nostre nonne del Montalbano. Molti di quei motivi ricamati, quello a stella per esempio, sono tipici delle tovaglie e lenzuoli che dotavano, fino a qualche decennio fa, i corredi delle ragazze del Montalbano, Vinci compresa, commercialmente poi travolti dal ricamo cinese e chissà ora, magari, finiti nel baule di soffitte e cantine. Insomma, anche se Leonardo c’entrasse poco, ci siamo incontrati nella storia del ricamo come arte dei popoli.
E qui, scusatemi, cade una lacrima a chi alla storia locale vuol bene.
Fin dai primi cosiddetti pellegrinaggi vinciani, vere e proprie campagne pubblicitarie e turistiche nel nome di Leonardo, da quello del 1939 a quello del 1952, tra i prodotti tipici di Vinci segnalati e pubblicizzati, accanto al vino e all’olio d’oliva, c’erano i caratteristici ricami del Montalbano. Vinci era il luogo ideale per la conoscenza e il commercio di questo particolare prodotto. A Vinci, nei secoli scorsi, ricamavano le donne, ma anche gli uomini (come si vede in storiche foto d’epoca). Il ricamo, fatto magari a veglia o nei cosiddetti tempi morti dei lavori in campagna, era una forma integrativa del reddito per molte famiglie contadine. Le nonne che ancora esercitano l’antica arte sono rimaste in poche. Nel centro commerciale naturale di Vinci (ma non soltanto) abbiamo assistito – a poco a poco – alla chiusura di tutti i negozi che vendevano i tradizionali ricami, dimenticando forse troppo presto o non sapendola valorizzare un’antica arte popolare, come ci insegna l’esperienza cipriota.
L’ultimo negozio vinciano di ricami ha chiuso due anni or sono, trasformato in una gelateria alla moda.